“Cosa c’è di sbagliato nel sesso”
(Una risposta)
La vera libertà non è essere liberi per fare sesso, ma liberarsi dal sesso.
di Caitanya Carana Dasa
Quando i media colpiscono i nostri occhi con immagini di corpi seminudi, i legislatori si oppongono con leggi che proibiscono l’oscenità e i media accusano il governo di voler controllare la moralità personale. “Chi siete voi per limitare il nostro piacere sessuale?” protestano i libertini. “Che cosa c’è di sbagliato nel sesso?” “La sessualità incontrollata,” dicono i conservatori, “degrada la società:” Tutti hanno a cuore il diritto di godersi la vita e i libertini, per difendersi, fanno appello a questo diritto. Ma non potrebbero così far fallire il vero scopo che dichiarano di voler proteggere? È possibile che le restrizioni morali sull’attività sessuale siano un sostegno anziché un impedimento al nostro diritto di godere la vita? Questa in realtà è l’audace e disarmante affermazione delle Scritture vediche: possiamo godere meglio la vita riscoprendo la nostra natura spirituale e questa riscoperta richiede il controllo dell’attività sessuale. Esaminiamo il punto di vista vedico sul rapporto tra sessualità, spiritualità e ricerca della felicità.
LA VISIONE VEDICA
Un veggente vedico ci direbbe che le radici dell’attuale confusione morale si trovano nell’ignoranza spirituale. Oggi alle persone dedite ai piaceri materiali viene lasciata la scelta dei propri obiettivi. Ignorando la realtà spirituale, l’uomo moderno non ha basi su cui costruire una moralità oggettiva. I venti tempestosi dei cambiamenti sociali scuotono e sconvolgono quelle regole morali che non hanno radici nella conoscenza spirituale. Prima di immergerci in una frenetica lotta per il piacere, i testi vedici ci invitano a prenderci il tempo di chiederci: “Chi è questo “io” a cui cerchiamo di dare piacere?” Davanti a questo fondamentale problema d’identità, oggi la maggior parte delle persone possono solo sbattere le ciglia per lo stupore. Completamente all’opposto, i testi vedici affermano con chiarezza e sicurezza che non siamo prodotti della materia; siamo anime, esseri spirituali prigionieri di corpi materiali. La nostra vera casa è il mondo spirituale, dove siamo eternamente gioiosi in una personale relazione d’amore con il supremo essere spirituale, Krishna.
Facendo cattivo uso del nostro libero arbitrio, ci rifiutiamo di amare e servire Krishna e veniamo posti in un mondo di materia, dove abitiamo in una serie di corpi materiali che accettiamo come il nostro sé. Solo in questo stato di amnesia spirituale possiamo perseguire la nostra ricerca della felicità materiale. Quando attraversa un vetro rosso, un raggio di luce bianca ne esce rosso. Allo stesso modo quando il puro, disinteressato desiderio d’amore dell’anima per Krishna attraversa la copertura del corpo materiale, ne emerge come un degradato, ardente desiderio egoistico per i corpi del sesso opposto. Sotto la magia dell’illusione creata dall’accettazione del corpo come il sé, il nostro amore per Dio si deforma in desiderio lussurioso per la materia. La lussuria fa nascere in tutti gli esseri viventi un irresistibile impulso per il piacere sessuale e per le altre forme di piacere materiale. Lo Srimad Bhagavatam (7.9.45) descrive la natura del piacere sessuale: “Il piacere che deriva dal #sesso è insignificante come il sollievo che si ottiene quando ci grattiamo per il prurito. Il piacere sessuale non porta alla vera soddisfazione ma a molteplici sofferenze.
Come una persona saggia tollera lo stimolo a grattarsi per un prurito, così dovremmo imparare a tollerare lo stimolo all’appagamento sessuale.” Sulla base di questo verso, possiamo notare tre caratteristiche inevitabili del piacere sessuale: è temporaneo, illusorio e fonte di sofferenza. Vediamo come: Temporaneo: sebbene i media propagandino una felicità erotica senza limiti, il piacere sessuale è di una brevità sconvolgente. Come la capacità di una spugna di dare acqua, la capacità del corpo di provare piacere è limitata. All’inizio, quando la spugna è piena d’acqua, basta una piccola pressione perché l’acqua sgorghi fuori, ma quando la spugna è stata spremuta più volte, è difficile farne uscire anche poche gocce. Alla fine tutto ciò che resta è lo sforzo di spremere. Nello stesso modo l’atto sessuale comporta uno sforzo crescente e un piacere che diminuisce e alla fine si conclude con un completo esaurimento. L’analogia della spugna si applica non solo all’atto sessuale, ma anche alla capacità sessuale di un’intera vita.
Nella giovinezza il corpo offre il piacere sessuale con facilità, ma quando il corpo invecchia, il sesso richiede uno sforzo crescente e produce un piacere che diminuisce. Alla fine, con l’impotenza della vecchiaia il piacere si annulla. Poiché il piacere sessuale è temporaneo, il Bhagavatam lo definisce insignificante. Illusorio: come un’automobile e il suo autista, il corpo e l’anima hanno necessità distinte. Mettere carburante nella macchina non può alimentare l’autista; la gratificazione materiale non porta mai alla soddisfazione spirituale. Allora perché sembra che il sesso dia così tanto piacere? L’analogia del Bhagavatam di grattarsi per un prurito ci dà la risposta. Grattarsi per il prurito sembra dare piacere, ma in realtà dà solo un sollievo temporaneo. Nello stesso modo il cosiddetto piacere sessuale non è nient’altro che un sollievo temporaneo dall’agitazione sessuale. Causa di sofferenza: come grattarsi peggiora e prolunga il prurito, così il piacere sessuale aumenta e prolunga la nostra sofferenza nell’esistenza materiale.
Il sesso perpetua la nostra errata identificazione con il corpo, obbligandoci in questo modo a subire le inevitabili sofferenze fisiche, sociali e ambientali dell’esistenza materiale. Inoltre, più pensiamo di essere il corpo più soffriamo quando il nostro corpo è colpito dalla natura con il doloroso viaggio attraverso la malattia, la vecchiaia avanzata e la morte. Il sesso, specialmente quello illecito, porta a complicazioni come l’aborto, le ragazze madri, le rotture matrimoniali e le violenze sessuali. Il sesso illecito ci espone inoltre al pericolo di malattie trasmesse per via sessuale quali l’AIDS, che minaccia di eliminare una parte rilevante della popolazione umana. Questo non è tutto, perché la mancanza di soddisfazione spirituale perseguita tutte le anime del mondo materiale provocando un’insoddisfazione cronica. La falsa convinzione che questa insoddisfazione derivi da un’insufficiente gratificazione dei sensi è il veleno dell’anima e la causa del suo inutile sforzo per la felicità.
LA SCIENZA DEL SESSO
Attraverso questo sbocco filosofico, vediamo come la cultura vedica salva l’anima. L’ordine sociale vedico aiuta ogni anima in un corpo umano a ritornare al suo primitivo stato originale. A questo scopo, l’educazione vedica oltre ad insegnare abilità commerciali, tecniche e fisiche, è finalizzata a trasmettere una profonda comprensione filosofica della nostra intima identità spirituale. Questa educazione protegge gli studenti dal diventare vittime di passioni sessuali che incatenano e rendono ciechi. Il sesso è un impulso fisico fondamentale che sfocia naturalmente nella procreazione. La scienza vedica, che è molto più sottile e sofisticata dell’odierna scienza basata sulla materia, indica che la coscienza dell’uomo e della donna al momento dell’unione determina il tipo di anima che entra nel grembo della madre per mezzo del seme del padre. Con questa conoscenza una coppia di sposi compie l’atto sessuale come un servizio sacro per la famiglia, la società e Dio. Essi accettano la pesante responsabilità di portare nel mondo un’anima che crescerà per diventare un cittadino esemplare, disinteressato e dotato di principi, che potrà portare un immenso beneficio al mondo. Questa unione santificata è un’espressione del divino.
Nella Bhagavad-gita (7.11) Sri Krishna dice, dharma-viruddho bhutesu kamo ’smi: “Sono l’unione sessuale che non è contraria ai principi della religione.” Oggi tutto questo può apparire impraticabile, perfino innaturale, perché siamo soggetti ad un attacco dei media saturo di sessualità velata o evidente. Il fine naturale del sesso è la procreazione. Con la contraccezione e l’aborto gli esseri umani separano in modo innaturale l’accoppiamento dalla procreazione. Le loro menti sono piene di sogni e progetti di quel piacere sessuale da cui derivano i problemi già presentati, che sono la conseguenza della licenziosità sessuale. Perciò i testi vedici ci ricordano che la vera libertà non significa essere liberi per fare sesso bensì essere liberi dal sesso. Consapevoli delle complicazioni e delle sofferenze che derivano dalla pratica sessuale, alcune persone si dedicano al celibato per tutta la vita. Tuttavia la maggior parte delle persone non vuole o non è in grado di scegliere questo percorso, perciò le Scritture vediche indicano nel matrimonio la via per regolare l’impulso sessuale in modo religioso.
PROTETTI DAL MATRIMONIO
Quando le coppie dotate di conoscenza filosofica si sposano, si rendono subito conto, grazie alle discipline spirituali che seguono, della futilità del piacere fisico. Allora basano il loro rapporto sulla reciproca assistenza nel viaggio di ritorno a Krishna. Srila Prabhupada scrive: “Il matrimonio è fatto per regolare la mente umana affinché essa divenga serena e permetta così di avanzare spiritualmente.” Quindi nella cultura vedica lo scopo principale del matrimonio non è il piacere fisico, ma la purificazione spirituale. Perciò anche nel matrimonio il sesso viene limitato. Le regole per l’attività sessuale non hanno lo scopo di privare le persone del piacere e obbligarle a vivere una tormentata vita di abnegazione. Esse costituiscono invece un trampolino che aiuta a catapultare l’anima sulla piattaforma trascendentale affinché ottenga una felicità spirituale senza limiti, un diritto costituzionale dell’anima. La posizione vedica è che questo piacere materiale inchioda la coscienza dell’anima al corpo e, mentre ci offre solo una goccia di piacere, ci priva dell’oceanica felicità spirituale che ci spetta. Perciò l’assenza di restrizioni, la non restrizione, priva l’anima della felicità. La continenza è un valore universale prescritto non solo dalle Scritture vediche, ma anche da quelle di tutte le grandi religioni. È un prerequisito per proteggerci dal coinvolgimento materiale e creare la base per elevare la nostra coscienza al livello spirituale.
LA STORIA DELLA DEGRADAZIONE
Lo scopo della cultura vedica, come di altre culture religiose tradizionali, è quello di risvegliare il nostro amore per Dio ora dormiente e ottenere così una felicità eterna. Nel corso dei secoli, con il graduale declino della spiritualità, questo scopo è stato oscurato e dimenticato. Una volta le persone per rispetto alla tradizione sociale e religiosa seguivano regole di autocontrollo, ma con il diffondersi della scienza occidentale e del suo riduzionismo, le persone hanno cominciato a considerare inutili queste regole. Forti della loro superiorità sociale e fisica, gli uomini hanno cominciato a sfruttare le donne come macchine per il sesso. Offese dallo sciovinismo degli uomini, le donne hanno ricambiato usando il loro fascino femminile per sedurre gli uomini ed usarli come macchine da cui prendere continuamente denaro. I divorzi e le relazioni sessuali prematrimoniali ed extraconiugali sono diventati sempre più normali — tutto per la ricerca del piacere. Incursioni occasionali nella promiscuità sono degenerate in un’avventate ricerca di relazioni il cui unico scopo è il piacere. Si è diffusa ogni sorta di perversione sessuale. Coperto da tutta questa frenetica ricerca del piacere c’è lo struggente desiderio di riavere la nostra relazione originale con Krishna. Il sesso è la principale distrazione che devia la nostra ricerca di felicità dal piano spirituale a quello dei corpi. Quanto più cerchiamo la felicità nel sesso, in qualsiasi forma, tanto più ci priviamo della vera felicità, mentre strati di oblio sempre più spessi avvolgono l’anima spirituale.
LA NOSTRA SCELTA
Una speranza però c’é. Se i dilemmi sulla moralità sessuale riescono a spingere le persone intelligenti ad esaminare le basi spirituali dei loro principi morali tradizionali, esse possono scoprire la ricchezza perduta del loro cuore, il loro dimenticato Signore, Sri Krishna. Krishna ci aspetta sempre. Suonando il Suo flauto c’invita a tornare alla gioia sublime di un amore senza fine nella Sua dimora eterna — la nostra casa originale, il mondo spirituale. Nell’attuale buia era di Kali ci ha aiutato a dirigere di nuovo verso di Lui le nostre coscienze deviate rivelando Se Stesso nei Suoi santi nomi, in particolare nel maha-mantra Hare Krishna. Quando i nostri cuori sono riuniti con Krishna attraverso il mezzo sublime del suono divino, ogni piacere materiale diventa disprezzabile. Gli insegnamenti vedici possono aiutarci a renderci conto dell’attuale degradazione sociale mettendoci in grado di confrontarci con essa e di contrastarla. Permetteremo all’attuale ondata di degradazione di spazzarci via nell’oceano del peccato e della sofferenza? O ci uniremo ad un equipaggio di coraggiosi marinai spirituali che dirigono il robusto vascello della sincera spiritualità verso le sicure spiagge dell’immortalità e della felicità? La scelta è nostra.
Caitanya Carana Dasa è un discepolo di Sua Santità Radhanatha Swami. È laureato in ingegneria elettronica e delle telecomunicazioni e fa servizio a tempo pieno al tempio di Pune. La sua rivista di cibernetica gratuita, Lo Scienziato Spirituale, dà una presentazione scientifica della coscienza di Krishna.
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