Un giorno arrivò ad Hastinapura un giovane di pelle molto scura e dai vestiti laceri che, con profonda umiltà, chiese al maestro di accettarlo come studente. Drona lo guardò con sospetto.
“Tu sai che io accetto nella mia scuola solo giovani di sangue reale e di stirpe aryana,” gli disse, “perciò prima che io ti prenda sotto la mia direzione è necessario che tu mi parli della tua discendenza.”
Il giovane non pensò neanche per un attimo di mentire a colui che dentro di sé aveva già accettato come guida; sapeva bene che un rapporto importante come quello col proprio insegnante non poteva cominciare con una bugia tanto grossa.
“Mi chiamo Ekalavya,” rispose con tono gentile, “e mio padre è il Re dei Nishada. So che il mio popolo non è considerato aryano, ma ti prego di accettarmi ugualmente. Io sarò per te un discepolo fedelissimo e mi impegnerò al massimo per seguire le tue istruzioni. Sii misericordioso. Io non potrei accettare nessun altro guru all’infuori di te.”
I Nishada erano considerati un popolo dai costumi barbarici, e così Drona, per quanto avesse apprezzato le parole sincere del giovane, declinò gentilmente la richiesta.
La delusione non fece cambiare idea a Ekalavya che divenne ancora più deciso a prendere istruzioni solo da Drona. Così si ritirò nella foresta e costruì una statua di creta del tutto simile a colui che oramai considerava suo acarya e lì si esercitò, adorando e venerando quella forma.
Questa è una sezione del libro “Maha-Bharata Vol. 1”, in lingua italiana.
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