Gli echi dei festeggiamenti del matrimonio di Abhimanyu con Uttara si erano appena spenti quando i Pandava cominciarono a concentrare le loro attenzioni sull’imminente guerra.
Riunitisi nella capitale di Virata, i cinque fratelli si incontrarono di prima mattina con i loro alleati. Drupada e Virata furono i primi a entrare nella sala del consiglio, poi via via tutti gli altri.
Quando ognuno di loro si fu seduto comodamente sul proprio seggio, Krishna aprì le discussioni ricordando ai presenti gli avvenimenti degli ultimi anni.
“E’ ovvio che noi, che sosteniamo di essere uomini retti, non siamo qui per concordare una vendetta cieca contro i Kurava, che pure non meriterebbero altro, ma per cercare una soluzione giusta e che arrechi beneficio a tutti. Infatti una guerra non coinvolgerebbe solo i responsabili di tanta empietà ma anche coloro che sono perfettamente innocenti e che anzi per tanti anni hanno tentato di offrire buoni consigli. Dunque, ognuno di voi dica la propria opinione al riguardo.”
Seguì Balarama, il fratello di Krishna, il quale inaspettatamente proferì parole che stupirono immensamente i presenti.
“Quello che è stato appena detto è giusto. Non dobbiamo cercare la vendetta. In fin dei conti non dimentichiamo che Duryodhana non ha costretto Yudhisthira a giocare, ma che è stata una sua libera scelta. Per tutto ciò che è successo non è dunque corretto che gli si addossi ogni colpa. Anche i figli di Pandu ne hanno; e perchè questa guerra venga evitata bisogna che anch’essi accettino la loro parte di responsabilità. Questa guerra deve essere evitata in tutti i modi possibili.”
Era cosa nota che Duryodhana fosse stato un discepolo di Balarama diligente e affezionato, ed era naturale che questi volesse proteggerlo; non dimentichiamo, infatti, che gli aveva addirittura promesso Subhadra in sposa, e che solo il rapimento ad opera di Arjuna era servito ad evitarlo. Ma anche se Balarama era molto rispettato, ciò che aveva detto non piacque praticamente a nessuno.
La reazione più veemente provenne da Satyaki.
“Ciò che hai detto mi sembra strano. Pare quasi che tu ignori la realtà, e cioè che Duryodhana è l’anima nera della razza Bharata, che si è comportato da villano imbroglione, da ladro, da assassino, ed è invidioso come un serpente. Lui e i suoi compari hanno complottato per derubare i Pandava del loro regno e con l’inganno ci sono riusciti, giocando sul fatto che Yudhisthira non avrebbe potuto sottrarsi alla sfida dei dadi che tra l’altro erano truccati. E a parte tutto ciò, ora, dopo altri tredici anni di sofferenze, proporresti di dimenticare tutto, compresi gli insulti a Draupadi e le innumerevoli provocazioni che essi hanno dovuto sopportare? Come puoi dire che la guerra deve essere evitata a ogni costo? Sappiamo tutti che Duryodhana non restituirà mai il regno ai Pandava e che si potrebbe evitarla solo se loro rinunciassero al diritto di governo. E’ questa la tua proposta? Io dico che combattere è l’unica cosa giusta da fare in questo momento affinchè giustizia venga fatta.”
Le discussioni si protrassero a lungo e tutti ovviamente condannarono il figlio di Dhritarastra e la sua politica demoniaca.
Infine unanimemente fu deciso di mandare un Brahmana ad Hastinapura come messaggero allo scopo di sondare gli umori e le reazioni di Duryodhana. Ma nessuno si illudeva più di tanto: conoscendo quel cuore roso dall’invidia, era sin troppo prevedibile come sarebbe andata a finire.
Per questo i preparativi per lo scontro armato cominciarono comunque. Numerosi delegati si recarono in tutte le parti del mondo per chiedere alleanze.
Nel frattempo anche Duryodhana si era preoccupato di procurarsi appoggi militari.
Nei giorni che seguirono l’immensa piana di Bharata-varsha, l’antico continente indiano, vide enormi spostamenti di uomini e mezzi, un tramestio di tale entità come mai si era visto su questo pianeta. E parte di questi marciavano in direzione di Upaplavya, altri verso Hastinapura.
Questa è una sezione del libro “Maha-Bharata Vol. 1”, in lingua italiana.
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