Chi è già addentrato nella storia del Vaisnavismo-Gaudiya, sa che agli inizi del sedicesimo secolo i Gosvami furono mandati da Caitanya Mahaprabhu a Vrindavana, con il compito di ritrovare i luoghi che, 4.500 anni orsono, avevano visto le gesta trascendentali di Krishna e dei Suoi puri devoti. Nel tempo erano state perse le tracce di questi posti santi, che era importante ritrovare e restituire all’originale splendore. Il Signore Caitanya aveva anche chiesto loro di scrivere libri sulla bhakti.
Molti furono i grandi e puri devoti che risedettero a Vraja, ma i più importanti furono sei: Rupa, Sanatana, Raghunatha dasa, Gopala Bhatta, Raghunatha Bhatta e Jiva. La loro contribuzione alla diffusione del vaishnavismo-gaudiya è straordinaria, tanto che noi stessi, appartenenti al Movimento per la Coscienza di Krishna, amiamo anche chiamarci “Rupanuga”, discendenti di Rupa Gosvami.
Tra i sei, Jiva Gosvami era il più giovane e fu anche l’ultimo ad arrivare a Vrindavana. Questa è la ragione per cui non troviamo il suo nome nelle prime biografie del Mahaprabhu. Quel poco che si sa di lui lo apprendiamo dal Bhakti-ratnakara, scritto da Narahari Cakravarti e dal Prema-vilasa, compilato da Nityananda das, un discepolo di Srimati Jahnava devi, moglie di Nityananda Prabhu.
Proprio a causa delle scarse informazioni che si hanno su questo personaggio, nel corso del tempo molti dubbi sono sorti tra gli storiografi. Il primo riguarda l’anno preciso della sua nascita: alcuni palesano le proprie perplessità sul fatto che Jiva possa essere nato nel 1513, data che noi stessi poc’anzi abbiamo fornito come la più probabile. Nel Bhakti-ratnakara si afferma che Sri Jiva si trovava a Ramakeli quando il padre e gli zii incontrarono Sri Caitanya. Era l’anno 1514: dunque, il Gosvami Maharaja avrebbe dovuto avere appena un anno.
Fin qui nulla di strano. I problemi sorgono quando si legge una frase dell’opera appena citata che ci descrive Jiva Gosvami all’ascolto delle parole del Signore Caitanya, apprendendone subito l’essenza. Alla luce di ciò è ragionevole fare due supposizioni: o quella data è approssimativa, oppure Sri Jiva era un bambino delle capacità miracolose. La seconda ipotesi non è da scartare visto che, secondo le Scritture, il Gosvami era l’incarnazione di una gopi, Vilasa-manjari, e perciò non era un uomo comune. La nostra tradizione ci riporta altre circostanze ugualmente straordinarie, come nei casi di Prahlada e di Sukadeva Gosvami, che appresero la filosofia dai loro maestri quando erano ancora nei ventri delle loro madri.
I primi anni di vita
Suo padre si chiamava Vallabha, ed era il fratello di Rupa e Sanatana. Il giorno in cui Vallabha accettò iniziazione da Sri Caitanya, aveva ricevuto il nome di Anupama.
Si racconta che quando il Signore aveva incontrato Rupa e Sanatana a Ramakeli, Jiva di nascosto ne aveva ascoltato le sacre parole e le aveva serbate nel cuore. Poco dopo il secondo incontro del Mahaprabhu con il padre e gli zii (ad Allahabad), durante un viaggio Anupama aveva abbandonato il suo corpo mortale, lasciando Jiva orfano di padre. Jiva era appena un bambino, ma questa esperienza aveva avuto un profondo effetto su di lui, dandogli un’immediata realizzazione di quanto crudeli possano essere le leggi del mondo materiale.
Questa è una sezione del libro “Tattva Sandarbha di Jiva Gosvami”, in lingua italiana.
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