Sollevando onde altissime e causando quasi una tempesta, Hanuman ripassò sull’oceano. Dopo aver salutato e ringraziato Mainaka, vide la montagna Mahendra. Gridava e ruggiva dalla gioia, quasi non potesse controllare il proprio entusiasmo. Voleva incoraggiare e anticipare la sua gioia ai compagni che lo stavano aspettando. Jambavan fu il primo a sentirlo.
“Ascoltate. Queste sono le grida di gioia di Hanuman. Sentite che fervore esprime la sua voce, e che felicità! Forse l’ha ritrovata. Coraggio, amici: forse porta buone notizie.”
Dopo essere atterrato sulla montagna, Hanuman fu circondato dai festanti Vanara che gli chiesero cosa fosse successo. Hanuman raccontò tutto per filo e per segno. Ma il principe Angada voleva ascoltare di nuovo tutta la storia e gli chiese di raccontarla ancora con più particolari.
“Valoroso amico,” disse Angada. “Raccontaci ancora la storia dei tuoi successi a Lanka. E dacci altri particolari. Sono molto curioso di sentire questa gloriosa storia.”
Tutti si sedettero a terra e ascoltarono ancora la storia, con tutti i particolari. Terminato il racconto, Angada era eccitato.
“Ma perché aspettare?” disse alzandosi in piedi e gonfiando i muscoli. “Perché tornare a Kiskindha e muovere tutti i nostri eserciti mentre Sita continua a soffrire? Possiamo andare noi a Lanka, possiamo noi stessi da soli distruggere Ravana con tutta la sua razza malvagia e riportare Sita da Rama. Perché no?”
Qualcuno lanciò grida di entusiasmo. Molti erano dell’opinione di muoversi subito e di attaccare i nemici. Ma il saggio Jambavan freddò la loro impulsività e consigliò di tornare a Kiskindha. Alla fine anche Angada riconobbe che quella era la cosa migliore da farsi e ripartirono.
Le buone notizie
In pochi giorni, camminando speditamente, arrivarono nel loro territorio. Non lontana c’era una foresta di proprietà privata di Sugriva, dove nessuno era mai potuto entrare. Fuori c’erano numerose guardie, comandate dallo zio di Sugriva di nome Dadhimukha. Angada, pieno di entusiasmo per il successo della missione, voleva festeggiare gozzovigliando con l’ottimo miele che lì abbondava. Sicuro che non sarebbe stato punito, il giovane Angada autorizzò i suoi Vanara ad entrare anche con la forza per prendere il miele.
Ghiotti di dolci e trasportati da una gioia intensa per il ritrovamento di Sita, i Vanara invasero Madhuvana, senza curarsi né di Dadhimukha né dei suoi guardiani. Dadhimukha credette di dover impedire ciò che credeva una grave insubordinazione e, dopo averli inutilmente minacciati, cercò di usare la forza. Ma l’entusiasmo dei Vanara di Angada era incontenibile e furono malamente sconfitti e costretti alla fuga.
Dadhimukha fuggì a Kiskindha e raccontò a Sugriva l’accaduto. Sugriva non si fece prendere dalla collera.
“Questo comportamento di Angada,” rifletté, “e degli altri non è normale. Sanno quanto quella foresta mi sia cara, e se l’hanno violata senza nessuna paura significa che sono stati trasportati da una grande gioia, che vogliono festeggiare qualcosa di grande. E poi sono arrivati in notevole ritardo e non mostrano alcun timore di una punizione. Forse ci portano buone notizie. Forse hanno ritrovato Sita. Falli venire qui subito.”
Dadhimukha si precipitò a Madhuvana e chiese il perdono di Angada. Gli riferì il messaggio di Sugriva. Alla presenza di Rama, Hanuman raccontò tutta la storia, compresa quella del corvo di Citrakuta per rassicurarlo che tutto corrispondesse alla verità. Poi gli consegnò il gioiello che Sita gli aveva affidato. Vedendo il gioiello che una volta aveva regalato a Sita e ascoltando quella storia cosi intima, Rama pianse. E volle ascoltare di nuovo il messaggio che Sita gli aveva mandato. Hanuman ripeté tutto ancora una volta.
Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.
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