L’epoca: cinquemila anni orsono; il luogo: una tranquilla e lussureggiante foresta dell’India; la scena: un conclave di santi asceti. Arriva Suta Gosvami, un giovane eppure già rinomato saggio. Gli asceti chiedono notizie riguardanti i suoi ultimi pellegrinaggi e Suta racconta di aver assistito a un grandioso sacrificio, durante il quale Vaisampayana, uno dei discepoli del celeberrimo Vyasa, racconta la meravigliosa storia chiamata Maha- bharata. Saunaka chiede a Suta di ripetere fedelmente tutto ciò che ha ascoltato e quest’ultimo accetta di buon grado.
Inizia così il Maha-bharata di Vyasa, una delle più magnificenti opere che l’uomo sia stato capace di riportarci.
Perchè ho scritto il Maha-bharata?
Cominciamo col dire la cosa più ovvia, e cioè che io non l’ho scritto, nel senso che non ne sono l’autore. L’autore è Krishna Dvaipayana Vyasa. In un certo senso neanch’egli lo è, in quanto il Maha-bharata, come il Ramayana, non è un romanzo, ma un libro di storia che narra fatti realmente accaduti. E’ probabilmente uno dei testi di storia più antichi che esistano sul nostro pianeta. Io non ho fatto altro che narrarne gli avvenimenti.
E la ragione è semplice: ne sono profondamente innamorato. I personaggi, la storia, la filosofia che contiene non potrebbero che far innamorare chiunque. Questo è uno di quei rari libri che vorresti non finissero mai e dei quali, una volta arrivati all’ultima pagina, senti subito la mancanza, come se d’un tratto fossi stato esiliato da quel mondo popolato di personaggi straordinari e, pur di tornare a farne parte, cominceresti a leggere tutto daccapo.
Prima di mandare il volume in stampa, ho dato il “manoscritto” (in senso poetico, quasi nessuno oramai scrive più a mano) a diverse persone, che mi hanno mosso svariate osservazioni, alcune delle quali sicuramente verranno in mente anche a voi, per cui credo sia utile parlarne brevemente in questa rubrica introduttiva.
L’obiezione più frequente che mi è stata posta è la seguente: “Il Maha-bharata è sì un testo di storia, in quanto racconta una serie di avvenimenti realmente accaduti, ma è anche un libro filosofico, e a me è sembrato che questa edizione contenga poche e scarne note di filosofia e teologia. Sarebbe stato opportuno se ne avessi parlato più diffusamente.”
Io mi sono sentito di rispondere in questi termini: quando si scrive un articolo o un libro, è esperienza comune l’impossibilità di soddisfare le esigenze e le opinioni di tutti, almeno nello stesso testo. Io ho dovuto affrontare seri problemi di spazio e se avessi dovuto trattare di tutte le problematiche filosofiche proposte, il volume del libro ne avrebbe risentito in modo significativo.
Così ho operato una scelta: in quest’opera mi sarei sostanzialmente limitato a raccontare i fatti storici, mentre in altre pubblicazioni mi sarei occupato della trattazione della filosofia. Io credo che questa sia la maniera migliore per evitare di danneggiare sia l’uno che l’altro.
E’ da notare, comunque, che non mancano affatto accenni e talvolta anche piuttosto ampi alla filosofia spiritualistica di cui l’India è supremamente ricca; si veda soprattutto l’ottantottesimo paragrafo del Bhishma Parva, quello in cui Krishna parla ad Arjuna la Bhagavad-gita.
Un’altra domanda: “Perchè, invece di raccontarlo, non l’hai tradotto integralmente?”
La ragione è ovvia: perchè l’originale è troppo vasto. Pensate che è lungo più di sette volte l’Iliade e l’Odissea messe assieme, più di 100 mila versi! Sarebbe stato un impegno soprattutto dal lato economico improponibile per noi. Ma questo non esclude che in futuro ciò si possa fare.
Ci sentiamo comunque di assicurare che la storia principale è stata raccontata senza alcun genere di manipolazione.
Nota dedicata a chi trova problemi con i numerosi termini sanskriti: Certamente alcuni di voi incontreranno difficoltà a familiarizzare coi molti nomi di persone e luoghi, visto che appartengono a un’altra lingua e a un’altra cultura. Per aiutarvi abbiamo incluso nelle ultime pagine del libro un glossario che comprende tutti i nomi e i termini in lingua sanskrita. Vi raccomandiamo di farne uso frequente.
Ma è ora che vi lasci al Maha-bharata, augurandomi che lo troviate una lettura piacevole e stimolante.
Manonatha Dasa (ACBSP)
Roma, 21 luglio 1992
Questa è una sezione del libro “Il Maha-bharata”, in lingua italiana.
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