Sanguinando e urlando come un’ossessa, Surpanakha corse nella foresta di Janasthana, non lontana da Pancavati, e lì trovò il fratello Khara. Appena la vide arrivare in quello stato, Khara spalancò gli occhi in preda a una violenta ira.
“Che ti è successo? Chi ti ha ridotta così?” gridò.
Con voce affannosa e rotta dai singhiozzi, Surpanakha raccontò ciò che era accaduto. Khara cacciò un urlo simile a un ruggito e immediatamente chiamò quattordici valorosi Raksasa, ordinando loro di uccidere quegli uomini. Surpanakha condusse i quattordici demoni a Pancavati e mostrò loro la capanna dove vivevano i due fratelli. Troppo fiduciosi della loro forza, i guerrieri affrontarono apertamente Rama e Laksmana. Ma dopo un breve combattimento Rama li uccise tutti.
Surpanakha, che stava osservando di nascosto, tornò da Khara e gli narrò l’incredibile fatto accaduto. Il potente Raksasa non riusciva a credere che quattordici dei suoi migliori combattenti fossero caduti per mano di un uomo e decise di scendere personalmente in campo con tutto l’esercito per vendicare l’onore della famiglia. Khara aveva un esercito poderoso, composto di ben quattordicimila possenti Raksasa. Anche il fratello Dussana volle partecipare al combattimento. Il rumore degli zoccoli dei cavalli assordò tutti coloro che vivevano nelle foreste circostanti.
Rama e Laksmana sentirono il sordo boato e capirono che un serio pericolo si stava avvicinando. Rama ordinò a Laksmana di portare Sita in un posto sicuro e si preparò al confronto. Presto le frecce, le lance, le asce, e tanti altri tipi di armi volarono pericolosamente verso Rama, ma dall’arco del principe scaturirono migliaia di potenti frecce che spezzarono tutte quelle armi. E ben presto i Raksasa cominciarono a cadere, a decine e a centinaia. In poco tempo tutti, compreso Khara e Dussana, giacquero inerti sul terreno. A Pancavati tornò il silenzio.
Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.
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