La Bhagavad-gita

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E in quel momento il figlio di Pandu, seduto sul carro con l’emblema di Hanuman, avendo visto il possente esercito nemico schierato con grande sapienza tattica, disse a Krishna:

 “O infallibile, guidami tra le due armate così che io possa vedere chi, noncurante della propria vita, è venuto a partecipare a questa guerra.”

Condotto da Krishna nel mezzo dei due schieramenti, Arjuna scorse i suoi parenti e amici, tutti armati e pronti a morire. Prevedendo il tragico destino che attendeva la maggior parte di loro, fu sopraffatto dalla compassione e con voce tremante per l’emozione disse:

 “Krishna, dopo aver visto tanti che conosco e mi sono cari, ho perso la voglia di combattere. Come posso scagliare le mie armi contro i miei amici e parenti, che amo e rispetto più di ogni altra cosa? Io credo che da questa guerra non possa venire fuori niente di buono. A che ci servono gli onori e le ricchezze se li conquistiamo al prezzo della vita altrui? La morte di queste persone causerebbe solo grandi dolori e disordine in tutto il mondo e noi, che crediamo di essere virtuosi, saremmo macchiati dal peccato per l’eternità.”

 Dicendo queste parole, Arjuna gettò in terra il suo arco e le sue frecce, e si sedette sul carro, disperato, con la mente ansiosa e le mani rese malferme dall’agitazione.

 A quel punto disse:

 “O Govinda, io non combatterò.”

 Vedendo Arjuna depresso a causa della compassione che sentiva per tutti i suoi cari, Krishna disse:

 “Mio caro Arjuna, quelle che hai detto solo apparentemente sono parole giuste. In realtà sei prigioniero di un’impotenza degradante che non conduce all’elevazione ma all’infamia. Non cedere a questa debolezza sentimentale e risorgi.”

 Arjuna, giungendo le mani in segno di rispetto, disse:

 “O Madhusudana, mi sento confuso. Non so quale sia la cosa più giusta da fare. Per favore, dimmelo tu. Io sono tuo discepolo: istruiscimi.”

 E Sri Krishna cominciò a parlare:

 

 “Il saggio non si lamenta nè per i vivi nè per i morti, in quanto sa che l’anima è eterna, che non nasce nè muore mai. Così come in questa stessa vita l’anima spirituale passa dal corpo di un fanciullo fino a quello di un anziano, in modo analogo al momento della morte passa in un altro corpo: una persona sobria non deve lasciarsi disturbare da questo fenomeno naturale.

 “In questo mondo la sofferenza e il dolore appaiono e scompaiono periodicamente proprio come le stagioni; tali variazioni provengono dalla percezione dei sensi e non hanno realtà assoluta. Devi dunque imparare a tollerare senza esserne disturbato. Solo colui che raggiunge questo stadio di imperturbabilità è degno della liberazione. Considera, o discendente di Bharata, che ciò che pervade il corpo è eterno e indistruttibile e che solo il rapporto che lo lega ad esso è temporaneo; combatti, dunque, con animo sereno.

 “Ma se anche tu credi che l’anima sia parte integrante di questo meccanismo di morti e rinascite, non hai ragione di lamentarti, in quanto la morte non sarebbe altro che un momento come un altro della storia dell’esistenza.

 “Combattere è un tuo dovere naturale, che hai acquisito al momento della nascita e quindi devi farlo. In caso contrario la gente non crederà che tu l’abbia fatto per compassione, ma per paura, e il tuo nome sarà deriso per sempre. Dunque abbandona questa debolezza, alzati e combatti.

 “Tuttavia poichè credi che le tue azioni sarebbero macchiate dal peccato, ti spiegherò come potrai agire pur restando libero dalle conseguenze.

 

Questa è una sezione del libro “Maha-Bharata Vol. 2”, in lingua italiana.

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