La conquista di Harappa e Mohenjo-daro: verità o falsità?

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Gli invasionisti affermano che gli scavi di Harappa e di Mohenjo-daro, in cui sono stati ritrovati degli scheletri umani, hanno offerto una prova scientifica alla loro teoria. Ma è un altro tentativo di mistificazione.

Il Prof. G. F. Dales (già Capo del Dipartimento di Archeologia e Antropologia Asiatica dell’Università di Berkeley, USA), nel suo The Mythical Massacre at Mohenjo-daro, Expedition Vol VI,3: 1964, dice:

“Cosa c’è in quegli scheletri di così importante? Si tratta di una fama davvero immeritata. In nove anni di scavi capillari a Mohenjo-daro[1] – una città di tre miglia di lunghezza – sono stati ritrovati solo 37 scheletri che possono essere fatti risalire al periodo della civiltà Hindu, e neanche tutti interi. Qualcuno di loro è stato ritrovato in posizioni tali che a tutto possono far pensare meno che a una sepoltura ordinata… Sono stati tutti ritrovati nell’area della Città Bassa, che probabilmente era il quartiere residenziale. Nell’area della cittadella fortificata non è stato trovato neanche un corpo che potesse suggerire una difesa strenua contro orde nemiche.”

Poi chiede:

“Dove sono le fortezze bruciate, le frecce, le altre armi, i pezzi di armature, i carri distrutti e i corpi di invasori e difensori? Nonostante lunghi scavi nei più grandi siti di Harappa, non è stata trovata una seppur piccola prova di una conquista armata delle popolazioni locali.”

Colin Renfrew, professore di Archeologia a Cambridge, nel suo famoso lavoro Archeology and Language: The Puzzle of Indo-European Origins,[2] a riguardo del vero significato e dell’interpretazione degli inni del Rig-Veda, dice:

“Molti hanno fatto notare che un nemico ricorrente era il Dasyu. Alcuni affermano che il Dasyu rappresentava la popolazione locale che non parlava il Vedico, espulsi dalle incursioni della guerra degli Aryani. Ma non c’è nulla negli inni del Rig-Veda che dimostri questo fatto. Come si può affermare che le  popolazioni che parlavano il Vedico erano gli stranieri e non i locali? Questo è solo un pregiudizio, un assunto storico accettato in modo dogmatico. E’ vero che gli Aryani invocassero l’assistenza degli dei per conquistare città e fortezze nemiche, ma non c’è nessuna prova che loro stessi non avessero città e fortezze. Il fatto che gli Aryani avessero i cavalli per trainare in modo veloce i carri da guerra non ci dice che gli Aryani fossero nomadi provenienti da altre terre; semmai dimostra il contrario. Il carro – specialmente quello da guerra – non è un mezzo usato dai nomadi. Come è possibile scalare montagne, attraversare deserti e guadare fiumi con quei carri? L’Aryana era una società chiaramente eroica, che viveva la guerra come un atto di nobile eroismo…”

“…Quando Wheeler propone l’idea dell’arrivo degli Aryani della terra dei Sette Fiumi (il Punjab), per quanto mi riguarda lo fa senza certezze di alcun genere. Se vengono controllate le numerose citazioni nel Rig-Veda a riguardo dei Sette Fiumi, non si trova nulla a riguardo di una qualsiasi invasione. La Terra dei Sette Fiumi è la terra del Rig-Veda, la scena dell’azione. Nulla suggerisce che gli Aryani fossero stranieri, né che gli abitanti delle città fortificate (inclusi i Dasyu) fossero più aborigeni degli Aryani stessi. Molte delle citazioni a riguardo sono molto generiche, come ad esempio l’inizio dell’Inno a Indra[3]:

“A te, o Potente, porgo questo poderoso Inno,

perché il tuo desiderio è stato gratificato dalla mia preghiera.

Grazie ad Indra, sempre vittorioso grazie alla sua forza,

gli dei hanno gioito di una festa e allora il Soma è scorso.

I Sette Fiumi portano la sua gloria ovunque

e i pianeti celesti, il cielo e la terra mostrano questa forma attraente.

Il Sole e la Luna alternano il loro corso

in modo che noi, o Indra, possiamo osservare e avere fede…”

Il Rig-Veda non dice nulla che possa indurci a credere che gli Aryani fossero nomadi. Studi recenti sul declino della civiltà della valle dell’Indo dimostrano che questo non ebbe una singola causa. Qualunque sia questa causa, non ci sono prove per attribuire questa dissoluzione di immani proporzioni a orde di invasori. L’impressione è che la causa sia da attribuire a un collasso sociale e che questo abbia provocato un grande esodo.

M.S. Elphinstone[4], nella sua opera magna sulla storia dell’India, scrive:

“In opposizione alle loro presunte origini straniere, né nei Codici (di Manu) né, credo, nei Veda, né in nessun altro testo ancora più antico dei Codici, ci sono allusioni al fatto che i redattori dei Veda fossero abitanti di nazioni al di fuori dall’India. Persino i racconti mitologici non vanno più al di là della catena delle Himalaya, nella quale è fissata la dimora degli Dei…”

“Inoltre (se così fosse), come mai questa civiltà di invasori non si diffuse a “macchia d’olio” bensì partendo dall’Est e dirigendosi verso l’Ovest? Come mai, poi, il loro linguaggio si è diffuso in tutta l’India, la Grecia e l’Italia e non si è invece diffuso in Caldea, in Siria e in Arabia?”

Il verdetto finale di Elphinstone è uguale al nostro: non c’è nessuna ragione per sospettare che gli Aryani abbiano mai abitato in alcuna altra nazione al di fuori di quella che noi conosciamo come India e che questa fosse la situazione prima che cominciassero a documentare la loro cultura sotto forma scritta.

[1] Dal 1922 al 1931

[2] Cambridge Univ. Press, 1988

[3] Inno 102 del libro 9

[4] 1841: primo governatore della Presidenza di Bombay, 1819-27

 

Questa è una sezione del libro “L’Invasione degli Aryani in India ”, in lingua italiana.

Per acquistare il libro completo, clicca qui sopra

 

 

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