I Pandava erano al colmo della gioia. Non solo Arjuna era riuscito nella sua impresa, ma molti grandi combattenti Kurava quel giorno erano caduti e per di più Drona non era riuscito a catturare Yudhisthira. La loro vittoria era stata fulgida su tutti i fronti.
Duryodhana al contrario non riusciva a darsi pace: il suo esercito aveva subito perdite incalcolabili: era stato un massacro senza precedenti, la giornata più sanguinosa da che era cominciata quella guerra. Drona cercò di consolarlo, di calmarlo con parole colme di saggezza, ma non vi riuscì. Quanti fratelli e quanti amici carissimi erano periti quel giorno… quanti lutti.
Gridava la sua rabbia.
“Quei maledetti stanno massacrando le persone a cui tengo di più. Non posso più tollerare oltre uno spettacolo del genere. Questa notte stessa io ucciderò i Pandava o sarò ucciso da loro,” urlò perdendo ogni controllo.
E ordinò che la battaglia venisse ripresa immediatamente, alla luce delle torce.
Quando vennero a sapere che i Kurava si stavano preparando per tornare sul campo, i Pandava ripresero le loro armi e organizzarono le truppe. Ne venne fuori uno scenario maestoso e suggestivo: metà dei soldati reggeva le fiaccole in mano, l’altra metà si preparava allo scontro. Ingoiati dalla penombra, gli ksatriya di Bharata-varsha, dimentichi dei vincoli familiari e del desiderio stesso di vivere, si lanciarono gli uni contro gli altri, e fu una devastazione indicibile. Nel buio era difficile persino distinguere gli alleati dagli avversari, e non di rado accadeva che i soldati dello stesso esercito si combattessero e si uccidessero tra di loro.
Fu una carneficina impietosa.
Quella notte Drona sfogò tutta la sua ira repressa e uccise senza pietà chiunque gli capitasse a tiro; ma anche Bhima non se ne stava di sicuro inerte, e quella notte uccise molti dei figli di Dritarastra, mentre Satyaki se la vedeva con Somadatta, a cui quel giorno aveva ucciso due figli. In special modo quest’ultimo voleva vendicare la morte di Bhurisrava; ma non riuscì nel suo intento e, sconfitto, dovette ritirarsi.
Duryodhana dovette subito pentirsi della sua impulsività: infatti quando aveva ordinato la ripresa delle ostilità, non aveva considerato Ghatotkacha e la sua armata di rakshasa, la cui forza con le tenebre decuplicava, cosicchè di notte combattevano molto meglio che durante il giorno. E infatti il figlio di Bhima, con i suoi possenti rakshasa, fin dall’inizio seminò il terrore e la morte. Il Kurava cercava qualcuno che potesse contrastarlo, ma l’unico che avrebbe potuto competere con lui nelle arti magiche era Alambusha, il quale era purtroppo caduto. Solo Asvatthama riuscì per qualche minuto a contenerne l’irruenza, ma poi anche il brahmana fu sconfitto e Ghatotkacha dilagò: per i Kurava fu l’incubo più atroce.
Mentre su un fronte il figlio schiacciava sotto la sua potenza fisica i Kurava, in un’altra parte del campo Bhima non gli era da meno; anche i più coraggiosi tremavano solo a vederlo. E furono dieci i figli di Dritarastra a perire miseramente. L’anziano e nobile Bahlika aveva tentato di proteggerli, ma quella notte Bhima non rispettava nessuno: in un lago di sangue anche questo nobile condottiero perse la vita. Alla vista del corpo esanime, il Pandava stesso pianse e gli rese omaggio. Non c’era persona che non amasse e rispettasse il bravo monarca.
Tra i generali Kurava aleggiava una forte tensione. Nessuno sapeva più cosa fare contro il rakshasa e suo padre. Duryodhana chiamò il suo caro amico Karna e gli disse:
“Credo proprio che abbiamo commesso un grave errore a tornare sul campo di battaglia durante la notte. Questi rakshasa sono dei maestri in questo tipo di guerra, e noi non sappiamo come difenderci. Guarda, lì c’è Arjuna: se tu lo sconfiggessi i nostri soldati riacquisterebbero entusiasmo e noi potremmo rilanciare l’offensiva. Tu solo puoi guidarci alla vittoria.”
Salutato il Kurava con un cenno della testa, il figlio di Surya entrò nella mischia e si diresse nel punto in cui stava combattendo il suo odiato nemico. E con il suo arrivo, quel furore notturno si infiammò ancora di più.
Per un breve istante Karna riuscì ad arrivare alla distanza necessaria per iniziare un duello, ma appena Krishna si accorse del suo arrivo, con mosse sapienti guidò il carro lontano dalla scena di quelle aspre lotte: non dimenticava che egli aveva con sè la shakti di Indra, che costituiva l’unico vero pericolo per il suo amico. Non cessava un momento di pensare a come privarlo di quell’arma.
Il migliore tra i Kurava nel combattimento notturno si rivelò l’esperto Asvatthama, il quale riuscì persino a sconfiggere e a ricacciare indietro Drishtadyumna.
Drona, intanto, non aveva ancora dimenticato il suo voto di catturare Yudhisthira, e mise in atto le sue mosse più strategi che per raggiungere il fine prefissato; Yudhisthira, d’altro canto, diede parecchio filo da torcere all’avversario. Così, alle luci delle torce, si accesero numerosi duelli fra i più grandi eroi, mentre la polvere che si sollevava dal terreno rendeva il buio ancora più impenetrabile. I carri non sfrecciavano più alla velocità dei primi giorni, ma avanzavano faticosamente, ostacolati dalle lugubri montagne di cadaveri umani e animali e dai detriti dei carri che oramai si ammassavano l’uno sopra l’altro.
A un certo punto Karna si trovò di fronte il prode Sahadeva; un aspro duello si accese tra i due e nonostante il valore del Pandava, riuscì vittorioso il figlio del suta. Ma, sebbene questi lo avesse totalmente alla sua mercè, non lo uccise. Attaccò invece le truppe violentemente: vedendolo arrivare con cipiglio minaccioso, i soldati dei Pandava si dettero scompostamente alla fuga, e neanche l’arrivo di Satyaki riuscì a rincuorarli. Il panico era totale.
Arjuna non si trovava lontano da quella zona.
“Krishna, amico mio,” disse, “senti queste grida. Sono i nostri soldati che chiedono aiuto, e tu sai che solo Karna può provocare tanto clamore. Conducimi da lui, voglio affrontarlo.”
Ma Krishna non era affatto d’accordo.
“No, è meglio che tu non vada,” rispose. “Non è ancora arrivato il momento giusto per un confronto. Ma presto giungerà, non essere impaziente. Io credo che Ghatotkacha sia per ora la persona più indicata ad avversarlo. Mandiamo lui.”
Ghatotkacha e Satyaki non persero tempo e si diressero con decisione verso il luogo in cui si udivano le grida.
Questa è una sezione del libro “Il Maha-bharata”, in lingua italiana.
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