Un giorno Rama raccontò la vecchia storia del re Nriga e dei brahmana che lo maledissero a vivere nel corpo di una lucertola per molti millenni.
Terminato il racconto, Laksmana chiese di ascoltare qualche altra storia. Rama narrò quella del re Nimi.
“Nimi visse molti anni fa ed era il dodicesimo figlio di Ikshvaku. Un giorno decise di celebrare un grande sacrificio e considerò chi potesse essere un brahmana qualificato a dirigerlo. Pensò al famoso saggio Vasistha, e andò a chiedergli l’approvazione.
“O re, dovresti attendere qualche mese,” rispose Vasistha. “Ora sto presiedendo il sacrificio di Indra e non posso venire da te. Ma sarei molto felice di dirigere il tuo sacrificio. Attendi un poco.”
“Nimi dapprima assentì, poi ci ripensò. Non gli piaceva l’idea di aspettare. Perciò andò dal saggio Gautama e gli disse di dirigere lui il suo sacrificio. Gautama accettò di buon grado e i preparativi iniziarono. Poi cominciò il sacrificio stesso. Vasistha venne a sapere che Nimi non lo aveva aspettato e si adirò, pensando che il re gli avesse mancato di rispetto. Furibondo, si precipitò nel luogo dove il sacrificio era in corso e appena vide il re gli gridò:
“Tu morirai presto!”
“Vistosi maledetto, Nimi maledisse Vasistha allo stesso modo. Il saggio rimase stupito: non si aspettava la reazione del re. Considerando che nessuno dei due era riuscito a controllare la rabbia, Vasistha si considerò colpevole e andò da Brahma.
“Venerabile Signore,” disse Vasistha, “Nimi mi ha maledetto a morire. Oltre a essere un grande re, egli ha acquisito anche poteri ascetici e quindi la sua maledizione avrà sicuramente effetto. Ma vorrei chiederti: dopo la mia morte come posso assumere un altro corpo adatto al continuamento delle mie ascesi?”
“Caro Vasistha,” rispose Brahma, “puoi entrare nell’energia seminale di Mitra e di Varuna.”
“A questo punto devi sapere che a quel tempo Mitra e Varuna erano molto amici e vivevano insieme. Un giorno la bellissima Urvashi andò a trovarli. Colpito da tanto splendore, Varuna le chiese il suo amore.
“Io vorrei venire da te,” rispose la fanciulla che provava per Varuna un sentimento d’amore, “ma Mitra ha chiesto la mia compagnia prima di te e non posso, dopo aver accettato, rifiutarmi.”
“Quando ti ho vista,” replicò il deluso Varuna, “ho sentito un impulso sessuale così forte che ho perso il seme. Lo porrò in un’ampolla divina e ti aspetterò.”
“O Varuna,” disse lei, “il mio corpo appartiene a Mitra, ora, ma il mio cuore è tuo.”
E Urvashi andò da Mitra. Ma presto venne a sapere del sentimento tra i due e si sentì offeso. La maledisse a cadere sulla Terra e a rimanerci per un certo tempo. Sulla Terra Urvashi sposò Pururava, il figlio di Budha. Da Pururava nacque Ayu e da Ayu Nahusha, che sostituì Indra nei pianeti celesti quando questi fu stanco dopo la battaglia contro Vritra.
“Ma quando aveva visto Urvashi per la prima volta anche Mitra aveva perso il seme e l’aveva messo nella stessa ampolla celeste. Dalla mistura nacquero due grandi saggi. Il primo fu Agastya, il secondo Vasistha, che così riprese un corpo.
“Ti ho raccontato, quindi, cosa successe a Vasistha dopo essere stato maledetto. Ora ti dirò cosa successe a Nimi.
Poco tempo dopo Nimi morì, ma i saggi non interruppero il sacrificio che stavano conducendo. Quando fu terminato, Brighu richiamò il re dai mondi dove era andato e gli dette la capacità di parlare. Tutti erano soddisfatti di come il sacrificio era stato organizzato e vollero aiutarlo.
“Dicci cosa vorresti essere e dove vorresti vivere. Noi esaudiremo il tuo desiderio.”
“Voglio vivere nella forma di aria negli occhi di tutti gli esseri viventi,” chiese Nimi.
“A quei tempi gli occhi degli uomini non battevano continuamente come succede oggigiorno. Essendo stato esaudito dai saggi, Nimi si trasformò in aria e le palpebre degli occhi presero a battere continuamente.
“Ottenuto questo, Nimi scomparve. I saggi considerarono che il regno era rimasto senza un re e Nimi non aveva avuto figli. Quindi pensarono di crearne uno. Sfregando il corpo morto del re fecero nascere un bimbo che fu chiamato Mithi, ma ebbe anche altri nomi, come Janaka e Vaideha, che significa nato da un corpo morto. Costui fu il padre di Sita.”
Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.
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