Ci sono numerosi versi dal Primo Canto del Bhagavata che danno il massimo rilievo all’importanza dell’ascolto e del canto (o della recitazione) del nome e degli atti del Signore Supremo Sri Krishna.
I commentatori del Tattva-sandarbha, primo fra cui Sri Baladeva Vidyabhusana, si soffermano sul composto Krishnavarnam (che fa parte del verso 11.5.32 del Bhagavatam che stiamo studiando). La traduzione naturale reciterebbe “di colore scuro”, indicando così la personalità di Krishna. Ma se accettassimo questa versione, il significato completo del verso diventerebbe incomprensibile: infatti l’espressione seguente suggerisce akrishnam, cioè non scuro. Ma Krishna è scuro di carnagione. Inoltre il verso continua dicendo yajnaih sankirtana-prayair, indicando che in Kali-yuga Egli canta costantemente i nomi del Signore. Krishna però appare in Dvapara-yuga e non fa queste cose. Chi, dunque, pratica il sankirtana insieme ad “armi, compagni, ecc.” (sangopangastra-parsadam)? Il Gosvami Maharaja dice che krishna-varnam vuol dire Sri Caitanya.
Qualcuno avanza l’ipotesi che questo verso possa contenere la predizione di un altro avatara di Krishna in Kali-yuga. Ma Jiva Gosvami boccia questa idea sulle basi del Bhagavata Purana stesso (10.8.13), nel quale si dice:
“… in altre ere Krishna appare in corpi dai colori differenti, bianco, rosso e giallo… in questo yuga è apparso col colore scuro”.
Nel verso sotto analisi troviamo la parola idanim, che vuol dire “ora”, in questa era, cioè in Dvapara-yuga, quando il Bhagavata Purana fu scritto. A conferma di quanto detto, notiamo che non è prevista alcuna incarnazione di Krishna in Kali-yuga che abbia un colore fisico scuro.
L’avatara di Satya-yuga è stato bianco e quello del Treta-yuga rosso; grazie a un elementare processo di eliminazione, quello di Kali-yuga deve essere di colore dorato, il colore fisico di Sri Caitanya. Sulle basi di questa e di altre testimonianze vediche, Sri Jiva non accetta l’idea che in Kali-yuga possa venire un altro avatara di Krishna con una carnagione scura. Il pita-avatara altri non è che Sri Caitanya Mahaprabhu.
Compreso il termine akrishnam, rimane insoluto il dilemma di krishna-varnam. Sri Jiva lo spiega traducendolo con “sillaba”, dandogli così il significato di “colui il cui nome contiene le due sillabe kr e sna”. Ed è risaputo che il nome completo di Caitanya è Krishna Caitanya. Ma Krishna-varnam può anche significare “colui che diffonde la fama di Krishna” e altre accezioni tutte corrette da ogni punto di vista.
Baladeva Vidyabhusana aggiunge che Krishna-varnam potrebbe comunque benissimo essere tradotto come “di colore scuro”, nel senso di “scuro dentro”, in quanto Sri Caitanya è Krishna che esternamente assume il colore dorato di Srimati Radharani. Perciò Caitanya Mahaprabhu è “scuro nella propria natura più segreta”.
Questa spiegazione dell’Acarya Baladeva rende perfetto anche il connubio con il termine akrishnam che segue. Infatti, come può una persona essere di “colore scuro” (krishna-varnam) e contemporaneamente “di colore chiaro” (akrishnam)? La spiegazione è che Sri Caitanya è scuro dentro (in quanto Egli è Krishna) e chiaro fuori (in quanto assume la carnagione e i sentimenti di Srimati Radharani). Visvanatha Cakravarti Thakura, nel suo commento al Bhagavatam, dice che il colore di Caitanya Mahaprabhu era descrivibile nei termini di indranilamani, simile a quello dell’oro fuso.
Questa è una sezione del libro “Tattva Sandarbha di Jiva Gosvami”, in lingua italiana.
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