Tra i Vanara ci furono grandi festeggiamenti per la morte di Indrajit. Rama abbracciò affettuosamente Laksmana e gli fece curare le numerose ferite da Sushena.
Ravana di certo non gioiva. Indrajit era il suo figlio più caro e lo amava come niente altro. In un impeto di rabbia Ravana decise di uccidere Sita, causa di tutte le sue disgrazie: ma il Raksasa Suparsva lo convinse a rinunciare all’ignobile atto.
Nel frattempo la battaglia continuava. Rama e i Vanara continuavano nell’opera di distruzione delle truppe nemiche. Pur nel gran clamore della battaglia, a Lanka si udivano i pianti accorati delle Rakshasi che piangevano amaramente la perdita dei mariti, dei figli, dei padri e dei nipoti. Era una scena che spezzava il cuore. Ormai sembrava che non ci fossero più speranze. Ovunque regnava il caos, il dolore, la morte. Vedendo la situazione compromessa e le truppe decimate e terrorizzate, Ravana scese personalmente sul campo di battaglia. E l’effetto per i Vanara fu devastante: migliaia di teste, di braccia, di mani e di gambe saltavano in aria simultaneamente, la velocità e la precisione di Ravana in combattimento erano inconcepibili.
Da un’altra parte del campo di battaglia Sugriva combatteva valorosamente: uccise due famosi generali di nome Virupaksha e Mahodara.
Infine Rama e Ravana si trovarono di fronte, l’uno contro l’altro, faccia a faccia.
Dopo uno scambio di parole furiose, lo storico duello cominciò, molto simile ai combattimenti tra Vishnu e i più grandi Asura. A un certo momento, vedendosi di fronte Laksmana, colui che aveva ucciso suo figlio Indrajit, Ravana gli scagliò contro la lancia che aveva ricevuto in dono da Maya Danava. Colpito da quella lancia fatata, Laksmana cadde sul terreno, come morto. Rama vide il fratello gravemente colpito, scese dal carro ed estrasse la lancia dal suo petto, incurante della pioggia di frecce che Ravana gli scagliava addosso. Furibondo, Rama guardò Sugriva che non era lontano.
“Amico Vanara,” disse a denti stretti, “che tu mi sia testimone di questo voto: oggi questo mondo resterà senza Ravana o senza Rama. E sii certo che non sarò io a perdere. Oggi darò felicità a tutti distruggendo questo mostro malvagio.”
Laksmana era in condizioni precarie. Respirava a fatica. La ferita era molto profonda. Rama affidò il fratello all’esperto medico Sushena e tornò a combattere. Hanuman fu mandato nuovamente sull’Himalaya a prendere le erbe dalla montagna Mahodaya, ma non fu capace di riconoscerle e compì di nuovo lo sforzo sovrumano di estirpare l’intera montagna e di portarla a Lanka. Quando Laksmana fu guarito Hanuman riportò la montagna al suo posto originale.
Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.
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