Un giorno, lungo il sentiero che costeggiava la capanna di Rama, passò per caso Surpanakha, la sorella di Ravana, il re dei Raksasa. Surpanakha era un essere mostruoso e malvagio, degna sorella di Ravana. Le sue sembianze erano orrende ed era fisicamente gigantesca. Le accadde di vedere Rama seduto in meditazione. Più bello di un Deva, il suo corpo radiava luce come un secondo sole. La Rakshasi si fermò a guardarlo, rapita, quasi stupita che potesse esistere un uomo così bello, e provò una forte attrazione per lui. Il suo cuore si riempì di lussuria. Pensando di poterlo avere come marito si presentò di fronte a Rama e gli rivolse la parola.
“Meraviglioso giovane, io sono Surpanakha, la sorella dei potenti Raksasa Ravana e Kumbhakarna. Anche Khara e Dussana, famosi in tutto il mondo, sono miei fratelli. Chi sei tu? Come ti chiami? E da dove vieni? Tu sei l’uomo più attraente che io abbia mai conosciuto, e sono curiosa di sapere il tuo nome e la tua provenienza.”
Rama guardò la mostruosa donna e intuì subito le sue intenzioni. In un certo senso era abbastanza divertito dalla situazione.
“Il mio nome è Rama,” rispose con tono scherzoso, “e questo giovane è mio fratello Laksmana. Questa donna è mia moglie Sita. Ci troviamo fuori dal nostro regno perché siamo stati esiliati a causa di un complotto. Il nostro regno è Koshala, che un tempo fu protetto dal celebre re Dasaratha, nostro padre. Ma dimmi, in cosa posso esserti utile?”
La gigantesca Surpanakha aveva il corpo orrendamente deforme, ma era così colpita dalla bellezza di Rama che non se ne rendeva più conto.
“Io desidero solo averti come marito. Da quando ti ho visto ho sentito subito una forte attrazione per te. Ti prego, non rifiutarmi, accetta la mia proposta.”
La situazione era alquanto buffa e imbarazzante. Rama la prese sullo scherzo.
“La tua bellezza è tale che mi riesce difficile rifiutarti,” rispose. “Ma io sono già sposato e ho fatto voto di avere una sola donna in tutta la vita. Però qui c’è mio fratello Laksmana, che è bello come me, è altrettanto valoroso e saggio. Inoltre non ha fatto voto di castità come me. Rivolgiti a lui, e vedrai che ti accetterà di sicuro.”
Surpanakha prese quelle parole sul serio e non si accorse che Rama si stava prendendo gioco di lei. Così si rivolse a Laksmana, guardandolo con tenerezza e desiderio.
“Laksmana, mio bellissimo eroe. Rama non può sposarmi per un voto fatto a sua moglie, ma tu non hai pronunciato alcun voto e sei libero di sposarmi e di godere della vita insieme a me.”
Laksmana continuò lo scherzo cominciato dal fratello.
“E’ vero che tu sei una ragazza così bella che è difficile resistenti,” ribatté, “e vorrei accettarti come moglie, ma sappi che io sono solo lo schiavo di Rama. E non vorrai metterti con uno schiavo! Insisti con lui e vedrai che abbandonerà la sua brutta moglie per fuggire con te.”
Ma il gioco era andato troppo oltre. E la natura irascibile e aggressiva della Rakshasi divampò all’improvviso, violenta, incontrollabile. Pensando che fosse veramente Sita l’ostacolo che si frapponeva fra lei e la soddisfazione dei suoi desideri, decise di ucciderla e divorarla. Con un grido spaventoso Surpanakha si gettò contro Sita, che urlò di terrore. Laksmana, velocissimo, si rese conto immediatamente del grave pericolo e fece appena in tempo a sfoderare la spada e a porsi fra il mostro e Sita. Con tre precisi colpi di spada le tagliò il naso e le orecchie. Gravemente ferita, Surpanakha corse via, urlando di dolore e di rabbia.
Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.
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