Insistette:
“Deva[1] del Fuoco, tu risiedi sempre dentro tutte le creature e sei il testimoni dei loro meriti e dei loro demeriti. O rispettabile divinita’, rispondi allora alle mie domande con veridicita’. Perche’ non dovresti? E’ costei quella stessa Puloma promessami da suo padre? Se cosi’ e’, non si e’ forse Bhrigu appropriato di qualcosa che non gli appartiene in quanto io l’avevo gia’ accettata come moglie? Deve costei essere dichiarata mia moglie e venire via con me? Dopo la tua risposta io la condurro’ fuori di qua davanti ai tuoi occhi. Rispondimi in verita’.”
Il Deva dalle sette fiamme aveva ascoltato le domande del Rakshasa ma era incerto nella risposta perche’ qualunque avesse dato avrebbe potuto sortire effetti negativi. La giovane Puloma era proprio colei che gli era stata offerta in matrimonio dal padre e quindi gli spettava di diritto, ma era anche vero che il voto non era stato celebrato secondo i riti appropriati. Invece Bhrigu aveva sposato la ragazza rispettando tutti i canoni. Se diceva la verita’ Puloma sarebbe stata rapita; se diceva una falsita’ la sua propria virtu’ ne avrebbe sofferto.
Decise che dire la verita’ era piu’ importante.
Le parole di Agni sorsero lentamente dalle fiamme, come succede a colui che dice cose che non vorrebbe dire.
“Questa elegante signora e’ proprio colei che ti fu offerta come sposa e che tu accettasti. Pero’ i riti e le invocazioni previsti dalle Scritture non furono celebrati. Invece questa donna, che e’ poi diventata famosa per la castita’ e la bellezza, fu data da suo padre al Rishi Bhrigu perche’ voleva benedizioni. In quell’occasione furono celebrati tutti i riti previsti per cui e’ giusto dire che Puloma e’ la moglie legittima di Bhrigu. Lei non fu debitamente concessa a te ma a lui e questo in mia presenza. Io la ricordo, lei e’ Puloma moglie di Bhrigu. Non dico falsita’. I bugiardi non sono mai rispettati nel mondo civile.”
A queste parole di Agni, il Rakshasa senti’ dentro di se’ una rabbia incontrollabile, assunse la forma di un gigantesco cinghiale e porto’ via la donna con la velocita’ del vento, anzi di piu’, con quella del pensiero.
E mentre lei gridava disperata chiedendo aiuto, il bimbo che teneva in grembo divenne indignato da tanta violenza contro sua madre e di forza usci’ dal ventre, ruzzolando in terra. Da questa caduta gli provenne il nome Cyavana.
Il Rakshasa, percependo che Puloma aveva perduto il feto, libero’ la donna dalla sua presa volendo capire cosa fosse successo di preciso. In quel momento dapprima cadde in terra e fu istantaneamente trasformato in cenere.
La bella Puloma, con le lacrime agli occhi e ancora tremando per la paura, prese il bimbo e torno’ all’eremo.
Brahma la vide cosi’ maltrattata sebbene non avesse commesso nessun torto, senti’ il cuore intenerito e la conforto’, mentre teneva il suo neonato stretto al petto. E le lacrime che caddero da quegli occhi da cerbiatta divennero un fiume e mentre lei camminava le acque la seguivano. Vedendo quel fiume che si stava formando Brahma, l’antenato di tutti gli esseri viventi, lo chiamo’ Vadhusara, che ad oggi continua ad attraversare l’eremo di Cyavana. Fu cosi’ che Cyavana, il poderoso Muni[2] dai grandi meriti ascetici, nacque.
Cyavana crebbe e quando divenne adulto si sposo’ ed ebbe un figlio virtuoso chiamato Pramati. La sposa di quest’ultimo fu Ghritachi, che era un’Apsara[3]. Dalla loro unione nacque Ruru.
Questi si uni’ a Pramadvara, da cui nacque Sunaka, l’antenato del rinomato Rishi Saunaka.
Sunaka si dedico’ alla vita ascetica, la sua reputazione fu sempre priva di macchie, fu erudito nelle leggi ed era preminente fra coloro che conoscevano e praticavano le discipline Vediche.
[1] Semidio
[2] Saggio, colui che adotta il voto del silenzio
[3] Una danzatrice celestiale
Questa è una sezione del libro “Il Sacrificio dei Serpenti”, in lingua italiana.
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