Un giorno passava per una delle vette himalayane, quando vide una bellissima donna che stava compiendo delle austerità. Ne fu così attratto che non si preoccupò di pensare che lei fosse un’asceta e che quindi dovesse essere rispettata, ma decise di farla sua.
“Chi sei, e cosa fai in luoghi così inospitali per una ragazza così giovane e bella come te?” le disse.
“Mio padre si chiamava Kushadvaja,” rispose lei, “ed era figlio di Brihaspati. Io sono nata come un’incarnazione dei Veda e per questo il mio nome è Vedavati. Mio padre non voleva darmi in sposa a nessun altro all’infuori di Vishnu e per anni ha tentato di ottenere il suo favore. Un giorno Sambu, il re dei Daitya, mi chiese in sposa e mio padre rifiutò. Per vendetta lui lo uccise. Ora sono orfana e sto compiendo queste ascesi al medesimo scopo, quello di ottenere Narayana come marito.”
“Ravana discese dal carro. Un orgoglio smisurato riempiva il suo cuore: non si riteneva inferiore a nessuno.
“Oh bellissima ragazza, sappi che io sono Ravana, il potente re dei Raksasa. Non c’è essere superiore a me in tutto l’universo. Diventa mia moglie; io sono superiore a Vishnu.”
“Così dicendo l’afferrò per i capelli e la tirò a sé. Vedendosi oltraggiata da quell’essere vile, Vedavati s’infuriò e trasformò la propria mano in una spada. Con un colpo netto tagliò i capelli che Ravana teneva nella mano e si separò da quella presenza così contaminante.
“Tu mi hai preso per i capelli,” disse lei, per nulla pacificata, “e quindi mi ritengo contaminata per tutta la vita. In questo stato io non potrò ottenere i favori di Vishnu. A cosa serve allora questo mio corpo? Perciò lo abbandonerò.”
“Vedavati accese un fuoco. Poi si volse verso il Raksasa.
“Io rinascerò ancora e la missione della mia vita sarà di distruggerti. E non nascerò dal ventre di una donna come una qualsiasi bambina.”
“Vedavati rinacque su un fiore di loto. Non sospettando chi fosse quella bellissima bambina, Ravana stesso la prese e la portò a Lanka. Ma i suoi astrologi gli predissero che quella bambina sarebbe stata la causa della sua distruzione. Allora Ravana la fece gettare nell’oceano. Sospinta dalle onde la bambina giunse a riva.
“A quel tempo il re Janaka stava facendo preparare l’arena sacrificale per il suo Asvamedha-yajna e mentre faceva arare il terreno vide la neonata in uno dei solchi. Stupito, la prese con sé e la adottò. Poiché era stata trovata in un solco fu chiamata Sita.
“Ravana continuava a perpetrare le sue malvagità. Un giorno capitò nella radura di una foresta dove il potente re Marutta stava svolgendo un sacrificio, al quale partecipavano anche Yama, Indra, Varuna e Kuvera. Appena i quattro Deva lo videro avvicinarsi, si nascosero nei corpi di alcuni animali. L’arrogante Raksasa entrò nell’arena e cominciò a cantare le proprie glorie. Marutta voleva dargli una lezione ma non poté, essendo nel pieno svolgimento del sacrificio. Quando Ravana fu ripartito, i Deva uscirono dai loro nascondigli. Indra, che si era nascosto nel corpo di un pavone, conferì a tutti i pavoni il privilegio di aver dipinti sulla coda tanti occhi. E Yama benedisse i corvi, Varuna i cigni e Kuvera i camaleonti.
“Dopo aver riportato vittorie su tutti i re della terra, Ravana arrivò ad Ayodhya, e lì sfidò il re Anaranya, che sconfisse e ferì a morte. Prima di morire, il re pronunciò una maledizione:
“Nella mia dinastia nascerà un re chiamato Dasaratha. Suo figlio Rama ti ucciderà.”
“Un giorno Narada Muni, vedendo che il Raksasa stava mietendo troppe vittime tra gli esseri umani, pensò di dirigerlo verso un combattimento con i Deva.
“Oh grande Raksasa,” gli suggerì il saggio, “perché perdi il tuo tempo combattendo contro questi uomini che non possono neanche lontanamente competere con te? Dichiara guerra ai Deva. Il tuo gusto per il combattimento sarà così soddisfatto.”
“Ravana si diresse con tutto il suo esercito contro Yamaraja, il figlio di Vivasvan, ma fu sconfitto. Nel momento in cui Yama stava per ucciderlo, Brahma lo fermò e glielo impedì, ricordandogli che Ravana non avrebbe dovuto morire per mano di alcun Deva. Per rispetto a Brahma, Yamaraja si ritirò dal combattimento.
“Scampato al pericolo, per nulla intimidito dall’esperienza della sconfitta, Ravana combatté contro i Naga e li sconfisse. Fece amicizia con i Nivata-kavacha e si scontrò con i Kalakeya, uccidendo per sbaglio il marito di sua sorella Surpanakha. Poi Ravana incontrò Surabhi e le offrì rispettosi omaggi.
“Poi marciò contro Varuna. Dopo aver sconfitto i suoi figli, Ravana apprese che il Deva delle acque non era presente nella sua capitale.
“Durante le sue scorribande, il terribile Raksasa rapì molte donne. E tutte lo maledissero a perdere la vita a causa di una donna.
Questa è una sezione del libro “Il Ramayana”, in lingua italiana.
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